RIGENERAZIONE. Ovvero rifondare le basi del proprio essere attraverso l’autoeducazione

PanoramaIl confronto con se stessi è il fondamento per la crescita personale ed anche una delle prove più complesse per l’anima umana. Speso si è indotti a fare i conti con i propri limiti o con le proprie peculiarità da una serie di insuccessi che ci rendono sgradevole la vita o alcuni aspetti di essa.

Non è mai un lavoro facile né indolore, e di vero e proprio lavoro si tratta!

Accorgersi che è necessario compierlo è già un primo passo di consapevolezza. Talvolta ce ne rendiamo conto dopo aver glissato in vari modi questa sensazione di vuoto, o di sgomento, cercando di organizzare la quotidianità per non dovervi far fronte in maniera diretta. Quello che non viene affrontato e guardato con obiettività sul piano della coscienza, dove possiamo essere più liberi, affonda però le radici nella dimensione dell’anima ed infine nella corporeità, generando effetti che impediscono al nostro essere di comportarsi in modo appropriato verso ciò che gli si presenta. Fino alla malattia conclamata, che rende improrogabile la necessità di porre attenzione al modo in cui abbiamo condotto la nostra vita.

A questo punto, se superiamo lo scoramento che ci assale ogni volta che la routine viene interrotta, dopo un tempo in cui ci sentiamo profughi di noi stessi, sorge il bisogno di porre domande.

Specialmente dopo la metà della vita, se esercitiamo un certo dialogo interiore nel quale il nostro Io si pone in comunicazione con concetti più alti, come libertà, amore, giustizia, ecc., nasce l’aspirazione a conoscere il senso dell’esistenza ed a trovare nella storia personale significati e nessi. Creare rapporti, riconoscere relazioni tra i fatti della nostra biografia, coglierne il senso sono attività dell’Io. L’ambito in cui possiamo essere liberi.

Possiamo anche rimanere nel già noto, nell’abitudine, mettere una pezza e proseguire come prima (spesso lo facciamo, …), perché è dato a noi di scegliere. Il senso di vuoto però risucchierà tutte le nostre forze.

Tante volte ci si sforza con l’intelletto di trovare una ragione alla condizione che ci affligge, ma la razionalità da sola non basta a comprendere l’anima umana, a coglierne il mistero nel divenire. È importante e necessario coltivare la capacità, che ogni essere umano sano possiede, di cogliere in sé delle immagini. Occorre sviluppare cioè una coscienza che vada oltre la fredda razionalità e renda possibile «far risuonare il cuore» nel nostro pensare.

Anticamente il cuore era ritenuto l’organo della percezione. Il modo di percepire del cuore è contemporaneamente un percepire con i sensi ed un immaginare: per percepire in modo penetrante dobbiamo immaginare e per immaginare in modo accurato dobbiamo percepire con i sensi. Questo richiede esercizio. Richiede appunto un risveglio delle nostre facoltà animiche attraverso l’attività dell’Io, tale da creare un ponte tra il pensare, il sentire e il volere.

L’uomo pensa con la testa, ma è con il cuore che percepisce la chiarezza o la torbidità dei pensieri, che ne sperimenta la provenienza morale. Le forze del cuore permettono di elevarci da un percepire puramente sensibile all’avere immagini del soprasensibile.

Concepire un approccio al mondo e all’esistenza che abbia in sé capacità di ascolto e volontà di comunicazione, senso della misura, ricerca di equilibrio, rapporto con il vero, fa fluire nell’anima interesse e calore, cioè sostanza spirituale che rende possibile comprendere l’essenza dei fenomeni che ci si presentano, sia come eventi esteriori che come vissuti personali. E queste sono qualità proprie della sfera del cuore, non dell’intelletto.

Si tratta di passare da un agire basato puramente sulla logica, sul calcolo o sulla convenzione, ad un agire più artistico, che sappia cogliere le possibilità di trasformazione celate in un evento, che ne sappia immaginare appunto il movimento. Questo richiede una certa dose di cor-aggio, che guarda caso è una forza che proviene dal cuore. È l’agire del cuore.

Il coraggio per l’azione però è anche quella qualità che ci risolleva dalla condizione di «profughi» in cui vaghiamo alla ricerca di un perché, consentendoci di interrompere circoli viziosi e di inserire qualche cosa di nuovo nella biografia. Magari con un’azione che va oltre le istanze del nostro piccolo ego e favorisca altri oltre a noi stessi.

Affrontare la rilettura del proprio percorso di vita considerandolo in maniera dinamica, districandone gli enigmi e creando nuove possibilità, è un atto di coraggio e di responsabilità. Accompagnare un lavoro biografico con l’esperienza del processo artistico significa essere interiormente attivi e disposti a cogliere possibilità di metamorfosi. Con la determinazione di un guerriero, nel tenere a bada quello che in me non mi rende libero, e la sensibilità di un poeta, che sa celebrare la pienezza della vita.

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